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COMUNICAZIONE LETTA DAL PRESIDENTE PAOLO BOLOGNESI A
NOME DELL’ASSOCIAZIONE TRA I FAMILIARI DELLE VITTIME
DELLA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980
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All’inizio si parlò di una caldaia, ma quello che successe il 2 agosto 1980
alle ore 10,25,fu chiaro da subito ai bolognesi, che sei anni prima, avevano
vissuto la strage dell’Italicus. Si trattava di una bomba, una bomba
fascista.
Un altro spaventoso atto di terrorismo, il più devastante, il più vile: 85
morti e 200 feriti; un sabato che doveva essere di vacanza, trasformato in
un’apocalisse di sangue, in un massacro di innocenti.
Ma anche questa volta Bologna, per quanto colpita, sa stare in piedi e, con
uno spirito di solidarietà eccezionale e commovente, dimostra a tutti, e per
primo ai vigliacchi che hanno voluto ed eseguito quel massacro, la sua
testarda voglia di civiltà. Quel giorno medici, infermieri, ferrovieri, vigili
del fuoco, in un clima surreale di pietà e rabbia, in silenzio hanno lavorato
ben oltre le ore dei singoli turni. Semplici cittadini volontari e giovani
militari di leva sono accorsi in stazione per liberare i feriti sepolti dai
calcinacci, per estrarre da quell’inferno piccoli corpicini senza vita che
sembravano bambole, ma erano esseri umani. In certi momenti, di fronte
alle infinite urgenze e alle scene devastanti, molti soccorritori non
riuscivano a nascondere la commozione e a reprimere i singhiozzi, ma
hanno continuato ad aiutare e ad aiutarci.
Sappiamo che molti sono fra voi e vogliamo ancora, per questo, dirvi
GRAZIE.
Quel giorno nessuno era preparato a fare quello che ha fatto, ma nessuno si
è tirato indietro. E quella determinazione, quella dignitosa fermezza ci è
stata d’ esempio e di sprone per costituirci in Associazione, per ricercare,
ottenere, uniti, giustizia e verità per i nostri cari.
Dopo anni di indagini e processi, grazie al lavoro di forze dell’ordine
fedeli alla Costituzione, di magistrati e al sostegno di una società civile che
è sempre stata al nostro fianco, possiamo oggi in questa piazza gridare
alcuni dei nomi di coloro che hanno causato la strage più infame della
storia del nostro Paese. Gli esecutori materiali sono: i terroristi fascisti
Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini; I colpevoli di
depistaggio sono: il Gran Maestro della Loggia Massonica P2 Licio Gelli,
il faccendiere Francesco Pazienza, i vertici del SISMI (Servizio Segreto
Militare) iscritti alla Loggia P2 generale Pietro Musumeci e colonnello
Giuseppe Belmonte. Il generale Santovito direttore del SISMI non fu
condannato perché deceduto durante il procedimento.
Costoro, però, sono tutti, da tempo, in libertà. Per quanto riguarda gli
esecutori materiali della strage alla stazione, che sono gli ergastolani più
agevolati nella storia criminale del nostro Paese, assistiamo da tempo ad
un vero e proprio trionfo dei carnefici. Come se non bastasse il doverli
incontrare liberi per le strade di Roma ormai da quasi quindici anni, dopo
aver scontato solo due mesi per ogni morto assassinato, Valerio Fioravanti,
quest’anno, è diventato il protagonista di un docufilm per la regia di
Francesco Patierno. Ancora una volta, dunque, un feroce assassino viene
esibito come una star e non come il capo di una feroce organizzazione
terroristica, che aveva come specialità quella di massacrare persone
disarmate e indifese, in alcuni casi persino ignari passanti, a cominciare da
Roberto Scialabba, colpevole di avere i capelli troppo lunghi, che prima
Fioravanti fece cadere a terra ferito, poi gli salì addosso a cavalcioni per
finirlo con un colpo in testa. Una incredibile ambiguità della memoria
porta a creare cinque libri e un film innocentisti e perdonisti, in pochi anni
,a beneficio di Valerio Fioravanti. Per le vittime , l’oblio, come ci ricorda
il bravo e coraggioso giornalista Mario Adinolfi. Nessun film su Antonio
Leandri, impiegato venticinquenne ucciso da Fioravanti, nessun dvd per
Maurizio Arnesano, che aveva diciannove anni e pagò con la vita la colpa
di essere un poliziotto e avere un mitra che piaceva a Fioravanti. Nessun
regista che racconti di Mario Amato, eroico magistrato lasciato solo ad
indagare sui rapporti tra eversione neofascista e settori deviati dello Stato.
Ma qualcuno che ricorda ancora c’è, ha però ben altra pubblicità. Lo
scorso settembre, Enzo De Camillis ha girato un breve cortometraggio
sulla storia di Alessandro Caravillani, studente di diciassette anni, ucciso
durante una rapina da Francesca Mambro , che per quel delitto si guadagnò
il suo nono ergastolo. Ebbene, a meno di tre mesi dall’uscita di questa
pellicola intitolata “Uno studente di nome Alessandro”, la Mambro,
tramite azione legale, ha avanzato la richiesta di sequestro del film perché
questo avrebbe leso la sua immagine.
La memoria dei fatti lede l’immagine di un’assassina condannata assieme
al marito per l’uccisione di 98 persone! Francesca Mambro nel settembre
2013 sarà eleggibile in Parlamento? E’ forse in vista di una futura carriera
politica, come noi paventiamo da anni, che Francesca Mambro si
preoccupa della sua immagine? Ma quale immagine vuole difendere
questa assassina e stragista?
Dobbiamo essere vigili. Questa inquietante vicenda è emblematica di
quanto la memoria storica del nostro Paese faccia ancora paura e di quanto
si cerchi di seppellire nell’oblio le vicende politicamente più scomode.
La memoria di questi fatti è invece da sempre una delle nostre principali
battaglie. In questa direzione abbiamo raccolto le firme per l’abolizione
del segreto di Stato per i reati di terrorismo e strage, per questo insistiamo
sulla necessità di rendere facilmente consultabili i documenti degli archivi
di Stato; in questo senso va letta la nostra iniziativa con il Tribunale di
Bologna per la digitalizzazione di tutti i documenti dei processi di
eversione tenuti a Bologna. Lo stesso si sta facendo in molte città italiane
affinché una grande banca dati permetta agli studiosi di analizzare
l’imponente mole di carte giudiziarie, relative ai processi per terrorismo.
I terroristi e i loro fiancheggiatori e sponsor, spesso di altissimo livello
istituzionale, come nel caso di chi sostiene e continua a proteggere gli
esecutori materiali della strage di Bologna, avanzano, in modo sempre più
subdolo e sfacciato allo stesso tempo, la pretesa del diritto all’oblio di fatti
scomodi, con le tecniche collaudate della mistificazione e del depistaggio.
L’ultimo, ma non nuovo, tentativo di depistaggio sulla matrice
dell’attentato del 2 agosto, ha rispolverato l’inconsistente pista teutonico-
palestinese che, come tutte le piste internazionali care al capo della Loggia
Massonica P2 Licio Gelli, si è rivelata un ennesimo tentativo di
confondere le acque. Il suo più acceso sostenitore, l’Onorevole Enzo Raisi,
per scagionare i suoi protetti, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, non
si è fatto scrupolo di insinuare che l’esecutore materiale della strage
potrebbe essere stata una delle vittime: Mauro Di Vittorio. Poi, tramite la
stampa, ha aggiunto di non voler attribuire al 24enne, morto
nell’esplosione, la responsabilità, ma ha sollecitato la Magistratura a
ripetere accertamenti già fatti. Di Vittorio non era da anni un attivista
politico perché, rimasto orfano di padre, aveva dovuto provvedere alle
necessità economiche della sua famiglia. E possiamo rispondere alla
domanda di Raisi. Quando chiede perché era a Bologna il giorno in cui è
stato massacrato, gli facciamo sapere, come del resto riportato dalla
stampa nell’agosto del 1980, che era di rientro dalla Gran Bretagna, dove
gli era stato rifiutato l’ingresso a causa della mancanza di un’occupazione
stabile in quel Paese. Quell’estate, poi, Di Vittorio, non era stato solo a
Parigi, come continua a sottolineare Raisi volendolo forse mettere in
relazione a Carlos (ma il terrorista Carlos aveva lasciato la capitale
francese nel 1975), ma anche a Friburgo, dov’era arrivato con un amico e
dove le loro strade si separarono. Cosa faceva in giro per l’Europa?
Cercava lavoro. Al contrario di quello che sostengono coloro che vogliono
gettare confusione sulla strage alla stazione di Bologna. Le risposte a certe
domande ci sono già tutte, basterebbe cercarle.
Invece si assiste al tentativo postumo di riesumare una pista rossa, già
tentata in tutte le altre stragi che hanno insanguinato il nostro Paese,
tentativo già messo in atto il 2 agosto del 1980 dal quotidiano l’Occhio
diretto da Maurizio Costanzo il cui nome compariva tra gli iscritti alla
Loggia Massonica P2.
Questo squallido comportamento merita solo disprezzo, tanto più quando
viene attuato da un parlamentare della Repubblica, che dovrebbe avere a
cuore ben altri interessi che la tutela dei due stragisti pluriomicidi.
L’attività parlamentare dell’Onorevole Enzo Raisi sembra limitata e
focalizzata nel tentativo di riabilitare i neofascisti Mambro e Fioravanti,
eppure il lauto stipendio che percepisce dovrebbe essere finalizzato a
soddisfare gli interessi dei cittadini onesti. Se proprio vuole mettere in
discussione sentenze passate in giudicato, ci chiediamo per esempio perché
non si occupi di quella relativa all’omicidio di Piersanti Mattarella, il
presidente della Regione Sicilia che voleva riformare la Dc dell’isola
allontanando da essa la mafia, delitto ad oggi rimasto impunito. La moglie
di Mattarella era con suo marito al momento dell’attentato, guardò in
faccia l’assassino mentre lo uccideva, gli parlò. Al processo riconobbe
Fioravanti come il killer di suo marito, ma Fioravanti stranamente è andato
assolto. Era il 1980.
Oppure il caso Ciavardini che condannato per rapina alla vigilia della
sentenza di Cassazione in cui è stato condannato per la strage, venne
stranamente prosciolto in appello perché le prove a suo carico, una sua
impronta digitale, non venne ritenuta sufficiente a condannarlo.
Potrebbe anche analizzare, capire e spiegare come due feroci assassini,
Mambro e Fioravanti , senza alcun pentimento, o ravvedimento, abbiano
potuto godere della liberazione condizionale al di fuori di ogni legge dello
Stato dopo aver ucciso 98 persone.
Nel manifesto di quest’anno abbiamo scritto:
LA STRATEGIA DELLE STRAGI DAL DOPOGUERRA AD OGGI
HA IMPEDITO ALL’ITALIA DI DIVENIRE UNA DEMOCRAZIA COMPIUTA.
E’ NEL CUORE TORBIDO DELLE ISTITUZIONI CHE VANNO CERCATI I MANDANTI
Nel nostro Paese ,dal dopoguerra ad oggi, vi sono state ben 13 stragi, in
nessuna di esse si è arrivati a scoprire i mandanti mentre in tutte vi sono
stati sistematici depistaggi e coperture dei Servizi Segreti per impedire di
colpire i colpevoli. Nel 1980 i vertici dei Servizi Segreti avevano da anni
giurato fedeltà alla Loggia Massonica P2 ed erano stati scelti e nominati
dall’onorevole Giulio Andreotti e dall’onorevole Francesco Cossiga, gli
stessi che gestirono in modo quanto meno discutibile un altro dei momenti
nevralgici di questa Repubblica, il sequestro e l’omicidio dell’onorevole
Aldo Moro. Un anno prima di questi eventi, che risalgono al 1978, venne
approvata la legge di riforma dei Servizi Segreti e degli apparati di
sicurezza. Fu una riforma presentata come innovativa, perché avrebbe
dovuto impedire inquinamenti e depistaggi, che invece si presentarono
puntualissimi non solo nel periodo dell’emergenza Moro, ma anche meno
di 2 anni dopo, con la bomba di Bologna.
Tanto tempo è trascorso da quei fatti, ma a tuttoggi dobbiamo rilevare che
ben poco si è fatto per togliere il segreto di Stato.Data la mancanza dei
decreti attuativi, le norme per l’applicazione del segreto di Stato previste
nella legge del 2007, successiva a quella del 1977, sono inapplicabili ed il
segreto di stato per stragi e terrorismo oggi è praticamente eterno.
Questi sono fatti ineludibili a cui chi ha presieduto le istituzioni ad oggi
non ha ancora dato risposte concrete.
Occorre chiedersi quanto sia funzionale al nascondimento della verità sulle
stragi la strana proposta avanzata da alcuni di rendere prescrittibili anche i
reati di strage. Ignorano costoro che il diritto alla verità è elemento
coessenziale alla democrazia, che vive nella trasparenza. La nostra
Associazione non ha sete di vendetta, ma fame di democrazia compiuta.
Oggi, sulla strage alla stazione, ci sono nuovi sviluppi giudiziari, ma vanno
in ben altra direzione rispetto alla pista teutonico-palestinese: rafforzano
infatti il quadro emerso dalle sentenze relative all’attentato del 2 agosto.
Dai processi per Piazza Fontana a Milano e per la strage di Piazza della
Loggia a Brescia sono emersi collegamenti strutturali tra il gruppo
stragista veneto e Mambro e Fioravanti. Indagando su tali legami si può
arrivare ad accertare ulteriori responsabilità, anche a livello dei mandanti
della strage del 2 agosto, mandanti i cui nomi, ancora Mambro e
Fioravanti, che erano inseriti in un preciso contesto di terrorismo nero e
non spontaneista come vorrebbero far credere all’opinione pubblica,
mantengono segreti.
Questi sono i fatti da approfondire e su cui indagare, come i legami torbidi
di Gennaro Mokbel che si è vantato, in una intercettazione telefonica, di
aver aiutato Mambro e Fioravanti a uscire dal carcere, come l’omicidio
ancora irrisolto dell’estremista di destra Sergio Calore. La nostra
Associazione, a questo proposito ha depositato presso la Procura della
Repubblica di Bologna una corposa memoria corredata dalle risultanze
emerse negli ultimi processi svolti in alcune città italiane.
Attendiamo che la Procura, dopo aver dedicato molti anni all’esame della
fantasiosa pista Teutonico-Palestinese, si dedichi alla ricerca dei mandanti.
Questa è una risposta ancora mancante: chi ha voluto che a Bologna
venissero massacrate 85 persone e che altre 200 portassero i segni di
quella bomba?
I fatti eversivi di questi ultimi periodi hanno di fatto ricreato situazioni già
viste, giornalisti che, in nome di una par condicio, chiamano vecchi capi
dei terroristi a commentare e spiegare l’accaduto. Sembra che in questo
Paese non si debba mai buttare via nulla, tanto è vero che passa come atto
democratico quello di giornalisti supponenti e autoreferenziali che danno
palchi e tribune a efferati terroristi. Assistiamo poi, da parte del quotidiano
Libero, alla nomina quale editorialista di Franco Freda, probabilmente per
sfruttarne la notorietà criminalmediatica. Infatti la Corte di Cassazione nel
2005 lo ha indicato quale uno dei responsabili, assieme a Giovanni
Ventura, della strage di Piazza Fontana a Milano.
Continuano le minacce ai magistrati che indagano su questi fatti, ai quali
abbiamo espresso la nostra incondizionata solidarietà; e persino proclami
di appoggio alla lotta armata, un modo per creare ulteriore confusione in
un momento sociale molto delicato.
Auspichiamo che la lotta al terrorismo venga condotta in modo coordinato
e venga istituita una Procura Nazionale Antiterrorismo con il compito di
coordinare le indagini sugli ultimi fatti collegandoli anche alle tristi
esperienze del passato affinchè nulla venga tralasciato per arrivare alla
verità completa su tutti i fatti di terrorismo avvenuti nel nostro Paese.
Abbiamo apprezzato le parole del Presidente del Consiglio Mario Monti
che a Palermo il 23 maggio, in occasione del ricordo del 20 anniversario
della strage di Capaci, ha dichiarato: “L’unica ragion di stato è la ricerca
della verità”
Questo si dovrebbe fare in uno Stato democratico: perseguire i criminali e
tutelare le vittime.
Troppo spesso invece succede il contrario; le vittime vengono abbandonate
a se stesse durante i processi, spesso umiliate da inutili e snervanti
lungaggini burocratiche. Un triste esempio: la legge 206 del 2004 “Nuove
norme a favore delle vittime di terrorismo e delle stragi di tale
matrice”,approvata da 8 anni, non è ancora del tutto applicata nonostante i
vari Governi, che si sono succeduti, abbiano sempre fornito generose
rassicurazioni mai seguite dai fatti.
In questo Paese alle vittime può anche capitare di venire denunciate per
vilipendio da un parlamentare, il coordinatore del PDL On Garagnani, per
aver chiesto giustizia e verità, come è successo in seguito al discorso
tenuto in questa piazza lo scorso anno. Azioni come queste non meritano
commento.
Lo merita invece la solidarietà che in seguito a quella notizia di esposto si
è stretta attorno all’Associazione dei familiari delle vittime, una solidarietà
forte e calorosa, espressa da persone oneste che credono nei valori della
democrazia, che ogni anno affollano questa piazza di cui uno Stato miope
sembra avere paura; che sanno che si può essere pessimisti lucidamente e
preoccupati per la deriva italiana, ma si ha il dovere democratico di
coltivare la speranza. Perché, come diceva Giovanni Falcone “gli uomini
passano, ma le idee restano. Restano le loro tensioni morali e
continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Sulle vostre e
sulle nostre gambe, sulle gambe di chi quel 2 agosto del 1980 era in questo
piazzale, sulle gambe di chi quel giorno non era ancora nato, ma oggi è qui
con noi, continua il nostro e vostro percorso per una completa giustizia e
verità.
GRAZIE A TUTTI VOI
Associazione Familiari Vittime della Strage di Bologna – Via Polese, 22 – 40122 Bologna – C.F. 91011240370 – Tel. 051/253925 – Fax 051/253725 – E-mail: bologna@stragi.it
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